Johannesburg, la città che rimembra

by supporto

Nella parte del continente africano ubicata al di sotto del Sahara, solo due città sovrastano per popolazione Johannesburg, meta del viaggio che ci apprestiamo a fare. La prima è Lagos, Capitale nigeriana fino al 1991. La seconda è Kinshasa, odierna capitale congolese. Gli abitanti che attualmente la popolano sono infatti quasi 6 milioni. Qui, inoltre, svolge la propria attività la Corte Costituzionale sudafricana. Cosa visitare in una simile città? In quali luoghi sarebbe bene recarsi? Vediamolo insieme.



Culla dell’umanità

Il tragitto che dal centro abitato di Johannesburg vi condurrà fino al sito identificabile con l’eloquente denominazione di Culla dell’umanità ammonta ad una cinquantina di chilometri. Malgrado una distanza chilometrica che non potrebbe esser certamente definita esigua, il consiglio che con forza ci sentiamo di darvi è quella di giungere qui, dove avreste l’opportunità di apprendere tanto sugli albori del genere umano. Tra la fine degli anni Novanta e gli inizi del decennio susseguente, la Culla dell’umanità è finalmente entrata a far parte della lista contenente i patrimoni tutelati dall’UNESCO. Si tratta di uno degli otto siti sudafricani ad aver ricevuto finora questo tanto importante quanto prestigioso riconoscimento. L’estensione del luogo va quantificata risaltando una superficie ammontante a quasi 480 chilometri quadrati. Nel lembo di terra che staziona nei pressi della celeberrima grotta di Sterkfontein, nel corso degli anni è stato riportato alla luce un numero non inferiore a 500 resti riconducibili ad ominidi. Si tratta di rinvenimenti i quali, oltre ad assumere un’importanza se non altro palese, altro non fanno che confermare ulteriormente la veridicità della teoria nota col nome di “Out of Africa”. I reperti vennero ritrovati negli anni Novanta dell’Ottocento, quando questa lingua territoriale serviva, per via della calce, a tutti coloro i quali fecero della ricerca dell’oro una vera e propria professione.

Tra i fossili che di nuovo sono stati esposti dinanzi alla luce, quello che per antichità spicca appartenne ad un esemplare di australopiteco la cui nascita andrebbe fatta risalire a ben 2,3 milioni di anni orsono. La fruttuosa scoperta avvenne grazie all’importante ausilio di una coppia di paleontologi locali, John Robinson e Robert Broom. Un simile avvenimento, a sua volta, servì a ricoprire d’ulteriore prestigio anche il rinvenimento avente ad oggetto il fossile di un infante, distinguibile da chi di storia è appassionato con l’epiteto di bambino di Taung. A dispetto delle dimensioni se non altro ridotte, l’Australopitecus Africanus è immettibile nella schiera di tutte quelle specie che in linea retta hanno preceduto la nostra. Ciascun resto rimane, ancora ai giorni nostri, intrappolato all’interno di una mistura composta da roccia di tipo calcareo e da detriti ormai soggetti ad un consolidato processo di fossilizzazione. Seppur la sepoltura sottoterra di resti simili abbia con ogni probabilità coinvolto l’intero continente africano, il loro ritrovamento rappresenta un evento eccezionale, data una conservazione che per essere ottimale ha bisogno di determinate condizioni. Nella prima metà degli anni Duemila, la massima carica statale sudafricana presenziò all’apertura al pubblico del Centro Visitatori di Maropeng, un edificio tra le cui mura vi sarà dato modo non soltanto di visionare video capaci di fornirvi tante nozioni, ma anche di degustare tutt’altro che di rado manicaretti locali. Lo stabile, se visto dall’esterno, somiglia tanto ad un tumulo. Dopo aver fatto ingresso, un giretto sullo specchio di un corso di acqua artificiale farà da anticamera ad una mostra dove punto per punto vi verranno spiegate le varie fasi evolutive umane.



Museo dell’apartheid

Se è vero che, pensando ad un Paese come il Sudafrica, costituisce un gesto immediato catapultare la mente pensante verso la piaga dell’apartheid, è altrettanto vero che, a Johannesburg, permane una struttura museale che di esso vuole dar memoria perpetua. A cadenza annuale, diverse sono le rassegne in occasione delle quali viene commemorata la fine di una vergognosa segregazione razziale. Visionando tutto quel che di buono il Museo dell’apartheid ha da offrire, ciò che in principio non potrete fare a meno di notare va rintracciato nella maestosa presenza di pilastri il cui scopo è quello di dar sostanza ai sette principi sanciti dalla locale carta costituzionale. Essi sono in questo modo elencabili: rispetto, libertà, diversità, responsabilità, riconciliazione, democrazia ed uguaglianza. La reale singolarità, il cui potere è quello di far senz’altro riflettere, è costituita sia dalla distinzione inerente il biglietto d’ingresso sia da quella riguardante due corsie tra loro ben distinte. Le diciture WHITE e NON WHITE, riportate sul supporto cartaceo del biglietto, daranno diritto a penetrare, a seconda dell’origine razziale di ciascuno dei visitatori, nei meandri di uno dei due varchi. Poco sarà il tempo sufficiente ad avvertire una sensazione oppressiva, come se qualcuno avesse voglia di far rivivere a ciascun visionante sia l’atmosfera sia le abitudini caratterizzanti una delle più brutte pagine della storia recente sudafricana.

Scattare foto non è permesso, ma giunti a tal punto questo importa davvero molto poco. Inoltrandosi ancora, ripercorrerete brevemente le fermate originarie di un’evoluzione umana la quale, come detto prima, proprio in Africa ha avuto inizio. Di qui in avanti, la suggestione si intensifica. Perfettamente conservate sono le indicazioni, risalenti al periodo di tempo compreso tra gli anni Cinquanta e gli anni Novanta, utilizzate per separare le zone adibite alla fruizione dei bianchi dalle zone che invece potevano essere frequentate dalle sole persone di colore. Tra questi, vi è quello inizialmente posizionato nei pressi della spiaggia di Durban, volto ad impedire l’ingresso ai neri. Grazie a supporti di tipo multimediale, potrete quasi materialmente tastare le condizioni pietose nelle quali versavano tutti coloro la cui unica colpa era ricercabile nel colore della pelle. Alcuni di questi ambienti ospitano attrezzature ed armamenti (tra i quali vi è un carro armato) appartenuti a chi col sangue avrebbe dovuto reprimere eventuali rivolte. In ultimo, non per importanza però, c’è una cella in cui tuttora a pendere sono cappi rappresentanti 131 opponenti.





Casa Museo Satyagraha

Secondo polo museale cittadino che per valore intrinseco proprio non potrete escludere è la Casa Museo Satyagraha. Si è in presenza di uno stabile dove dimorò, tra il 1908 e l’anno successivo, il Mahatma Gandhi. Cosa buona e giusta è precisare che, in Sudafrica, egli trascorse ben due decenni della sua luminosa esistenza, intermezzati da qualche sporadica visita sia in Gran Bretagna che nella sua India. Egli stesso, facendo affidamento su quel che le sue vicende personali abilmente testimoniano, pare sia stato vittima di discriminazione. Venne infatti messo agli arresti per aver viaggiato in un vagone allestito per i soli bianchi. L’abitazione era munita, tra l’altro, di un campetto nel quale praticare il tennis. Sia Gandhi sia colui con il quale egli condivideva lo stabile (l’architetto ebreo Hermann Kallenbach) decisero però di vivere qui giornate all’insegna della sobrietà, dedicando lunghe ore all’arte della meditazione. Gli unici ambienti che entrambi condivisero furono la cucina ed una sala dove ospitare coloro che ad essi facevano visita. Nel 2009, l’immobile divenne di proprietà della Voyageurs du Monde, azienda francese operante nel settore dei viaggi.

Lion Park

Se nei confronti sia della natura sia verso chi rispettosamente la popola provate interesse, il posto che farà senza ombra di dubbio alcuna al caso vostro sarà il Lion Park. Dal leone al ghepardo fino ad arrivare all’antilope, ciascuna di queste specie alberga qui non soltanto per godere della pubblica ammirazione, ma anche per trovare riparo dalla becera ed insostenibile pratica del bracconaggio. Nel percorrere l’interezza di questo parco, le opzioni vagliabili saranno due. Noleggiando un auto, potrete sfruttare quella. In alternativa, per un tocco di fascino ulteriore, dei safari guidati saranno un’ottima cosa. Il percorso si contraddistingue per una durata di circa un’ora, lasso di tempo nel quale una guida provvederà a fornirvi spiegazioni inerenti sia la vita che le abitudini delle specie presenti in loco. Un’altra varietà faunistica che sporgendovi col muso al di fuori vedrete sarà lo gnu dalla coda bianca, le cui origini vanno cercate nella zona corrispondente all’odierno Lesotho. Le razze predatorie potenzialmente più pericolose vengono lasciate all’interno di ampi spazi cinti da recinzioni. Se avete bambini a seguito, ad essi verrà data l’opportunità di poter carezzare graziosi cuccioletti. A distanziare il Lion Park dalla città di Johannesburg vi è un tratto percorribile in non più di una quarantina di minuti.

Torre di Hillbrow

Balzando idealmente dal naturale all’artificiale, quel che dovrete fare è riempire una delle caselle ancora vacanti del vostro itinerario recandovi nei pressi della Torre di Hillbrow. Si è in presenza di una torre che da terra si eleva raggiungendo un picco pari a poco meno di 270 metri. Completata nella prima metà degli anni Settanta, essa si è piazzata per più di quattro decenni in cima alla lista degli edifici africani più slanciati. Ai visitatori venne impedito di entrare nel 1981, ufficialmente per ragioni riguardanti la sicurezza. La chiusura in questione fu una cattiva notizia soprattutto per chi, da qui, poteva godere di una vista mozzafiato. Fino a quel periodo, infatti, la Torre di Hillbrow fu parte integrante di tutti quei luoghi i quali, dal punto di vista meramente turistico, facevano grande Johannesburg. In uno dei piani situati nei pressi dell’apice, era stato addirittura allestito un ristorante girevole. In occasione del Campionato del Mondo di Calcio del 2010, sulla sua cima venne installato un enorme pallone.

Carlton Centre

Altro elemento di una modernità che cresce in altezza è il Carlton Centre, un grattacielo la cui superficie apicale staziona ad un’altezza di 223 metri. Gli ambienti posti internamente fungono perlopiù da uffici. Scendendo, tuttavia, ad attendervi sarà un centro commerciale la cui suddivisione consta di quasi 200 attività. E’ qui che potrete dar libero sfogo alla vostra passione per lo shopping. Fino al 1998, esso era collegato direttamente ad una struttura ricettiva poi dismessa. Sia la Torre di Hillbrow sia il Carlton Centre sono stati surclassati per imponenza dal The Leonardo (ultimato lo scorso anno), il grattacielo che tra i più elevati di tutta l’Africa primeggia per ora incontrastato.

 

Hector Pieterson Museum e Nelson Mandela National Museum

Nell’area urbana di Soweto, nel mese di giugno del 1976, un giovane scolaro di colore, nel tempo divenuto una vera e propria icona nella lotta contro la segregazione, venne ucciso a colpi di pistola. Il suo stesso nome, Hector Pieterson, identifica un museo eretto in suo suffragio. La sede si trova a soli due isolati da dove avvenne il nefasto avvenimento. Varcando la soglia di ingresso, ciò che vedrete è riassumibile in filmati dell’epoca, pagine di giornale, diari personali e scatti fotografici. Per quello che riguarda questi ultimi, il più toccante è quello realizzato da Sam Nzima, ritraente proprio il ragazzo ormai privo di vita. Visto che vi trovate da queste parti, una capatina al Nelson Mandela National Museum è più che doverosa. Dichiarato Patrimonio Nazionale alla fine degli anni Novanta, il polo sorge su quella che dal 1946 al 1962 fu la dimora di Nelson Mandela, eroe di un Paese che oggi ai suoi insegnamenti si ispira. La casupola, interamente ricoperta di mattoncini rossi, si sviluppava su un piano soltanto. I muri perimetrali sono qua e là cosparsi di colpi provenienti da armi da fuoco, i quali danno il cambio a bruciature imputabili allo scoppio di alcune bombe molotov. L’esposizione contiene, tra l’altro, fotografie che vedono protagonista il vecchio e notorio proprietario. Tra i cimeli esteriormente più impattanti vi è una cintura, destinata ai campioni del mondo di boxe, che Sugar Ray Leonard donò proprio a Mandela. Al 2008 vanno fatti risalire alcuni ed urgenti lavori di ristrutturazione.




Constitution Hill

Nel distretto chiamato Constitution Hill ha sede, oggi, la Corte Costituzionale sudafricana. Focalizzando l’attenzione sia sulle dimensioni sia sulla superficie sulla quale poggia, Constitution Hill è una delle opere edilizie pubbliche più grandi del Paese. Beneficiando dei servigi di una guida, da semplici turisti vi tramuterete in spettatori di una storia che da queste figure viene molto ben raccontata. Il sito, infatti, personifica come meglio non si potrebbe tutte le soperchierie che la libertà, poi riacquisita faticosamente, qui dovette subire. Uno spicchio importante del complesso è dato dall’Old Fort, un penitenziario, successivamente ospitante i soli bianchi, edificato dai boeri col fine di rinchiudere al proprio interno gli invadenti britannici. L’unica deroga alla regola appena menzionata venne “concessa” a Nelson Mandela, che qui venne trattenuto nel 1956. Comunemente nota anche con l’epiteto di numero 4 è la sezione della prigione la cui sola atmosfera sapeva trasmettere una profonda inquietudine. In tale frangente, nel quale vennero perpetrate anche numerose torture, vennero tra l’altro rinchiusi personaggi del calibro di Gandhi e Robert Sobukwe. La Women Gaol, infine, rappresentava il segmento dove le donne avrebbero dovuto scontare la propria pena. Anche qui, la distinzione era all’ordine del giorno. Le prigioniere nere, infatti, erano loro malgrado costrette a fronteggiare condizioni igieniche considerevolmente peggiori.

 

Giardino botanico

A 125 ettari ammonta l’area corrispondente al giardino botanico, l’ultima tappa di questo tour. Nato alla fine degli anni Sessanta, esso venne posto in essere su quel che rimaneva di un roseto dato alla luce solo quattro anni prima. In questo modo possono essere riassunte le sue caratteristiche:



  • Vi sono sette terrazzine, a loro volta contornate da un numero di rose che in totale supera quota 10.000;
  • Le tipologie di siepi impiantate sono quasi una sessantina;
  • L’arboreto, l’autentico piatto forte, si compone di essenze sia autoctone (circa 20.000) che giungenti da ogni parte del mondo. Due delle varietà più belle sono le sequoie californiane e le betulle argentate;
  • Nell’erbario, invece, permangono più di 5.000 specie di piante, locali ed esotiche.



Qualche dritta

I consigli, per concludere:

  • La moneta avente qui corso legale è il rand sudafricano. Al cambio, un rand corrisponde a 0,051 euro;
  • Uno dei manicaretti qui più apprezzati è il biltong, della carne fatta essiccare e marinare. Dopo essere stata ridotta in losanghe, essa viene condita con alcune spezie. La carne solitamente usata è quella di struzzo;
  • Per via delle condizioni metereologiche, il periodo migliore per approdare a Johannesburg è quello compreso tra il mese di marzo e quello di settembre. Per una stanza in hotel e quattro stelle, la tariffa che a notte dovrete corrispondere partirà dai 45 euro fino a sfiorare un massimo di 80;
  • Riguardo al taxi, essi non possono attraversare la città cercando chi necessita di un passaggio. Sarà quindi obbligatorio prenotarne uno telefonicamente. Due sono le varianti, quello tradizionale e quello collettivo. Gli autobus urbani, in tutto, sono oltre 500. Le tratte ferroviarie che attraversano la città sono state messe a punto per decongestionare l’enorme afflusso di automobili il quale caratterizza l’autostrada che da Johannesburg raggiunge Pretoria, distante 65 chilometri.

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