Quando della Gran Bretagna, terra che a ritroso pianta radici coriacee, trascorsi e consolidate tradizioni vorrete approfondire, un viaggio ad Edimburgo sarà un duraturo toccasana. Edimburgo è bella come una donna felice, malinconica come ragazza che da poco ha perso l’amore, tetra come lo sguardo di coloro che osservano chi dei soli desideri è parte integrante. Dopo Glasgow, Edimburgo è il centro che al secondo posto in Scozia si piazza per numero di anime censite. Sono una settantina i chilometri che separano le due città. I numeri di chi ogni anno affluisce sono in crescita perenne. Recenti stime hanno quantificato arrivi che nel tangere quota 2.000.000 tuttavia non s’arrestano. Cosa ammirare di Edimburgo? Vediamolo insieme!
L’itinerario
Da terra eretto su superficie che del basalto fa materiale predominante, il Castello di Edimburgo è la costruzione che forse meglio di tutte le altre è capace di incarnare valori, sentimenti, storia e cultura di una città la cui atmosfera lungo il cielo proietta film del quale mai ci si stancherebbe. Facendo legittimo affidamento su una ricerca a proposito condotta, pare che la roccia sulla quale poggia abbia tutto il diritto di essere temporalmente collocata assai indietro nel tempo, col viaggio che arrestarsi dovrebbe ad oltre 300 milioni di anni orsono. L’altitudine sulla quale si colloca, pari a circa 120 metri sopra il livello del mare, rappresenta non soltanto posizione assolutamente privilegiata, ma anche e soprattutto ambientazione nella quale svolti si sono avvenimenti che nei volumi sono dettagliatamente conoscibili. A meridione, settentrione ed occidente, pareti rocciose tuttora permanenti hanno da sempre egregiamente svolto il ruolo tanto gravoso quanto edificante compito di agente protettore. Se quel che è appena stato detto è vero, allo stesso modo è vero anche che unico ingresso è costituito, a rigor di logica, da quello che localizzare è possibile sul versante est. Malgrado posizionamento sia stato nel corso dei secoli fattore che pressochè impossibile ha reso qualsiasi tentativo di molesta incursione, precisazione a tal proposito andrebbe altresì fatta.
Molteplici problematiche hanno infatti interessato l’approvvigionamento di acqua, elemento la cui mancanza è stata addendo causante sofferenze indicibili. Ritrovamenti avvenuti nell’ultimo decennio del secolo scorso sono giunti alla conclusione che, con ogni probabilità, Castle Rock (la parete sulla quale il castello dolcemente si adagia) sia stata giaciglio ospitante insediamenti umani sulla cui etichetta andrebbe impressa la dicitura “Età del Bronzo”. Reperti che pian piano sono stati liberati da densa melma dimenticante sembrano a pieno confermare questa tesi. Fattivamente comprovata è anche l’ipotesi secondo cui in loco frequenti erano gli scambi di matrice commerciale tra i residenti ed i romani. Spille e ceramiche dalla penisola italica giungenti sono fattori che, se non conferiscono a riguardo matematica certezza, poco ci manca. Sbarcati al cospetto d’un castello che tanto avrebbe da dire, quel che dinanzi nell’immediatezza del momento troverete è riassumibile nella spianata, uno spiazzale pavimentato il cui scopo è quello di mettere tra loro in collegamento il Royal Mile (le strade che caratterizzano la città vecchia di Edimburgo) e la fortezza. Avvenimenti che lugubri sarebbe magnanimo definire si sono su tal basamento susseguiti. Tanti sono gli storici i quali, nel concordare vicendevolmente, sostengono che qui tante condanne a morte siano state inflitte, a cavallo tra il Cinquecento ed il Settecento. Portale sotto il quale transitare per poter entrare è su entrambi i lati ben protetto da un paio di opere di matrice scultorea, rispettivamente effigianti Robert the Bruce e William Wallace. Stabile che per antichità troneggia sia per quel che riguarda il castello in sé sia per quello che invece attiene l’intero centro abitato di Edimburgo è senza ombra di dubbio alcuna la cappella di Santa Margherita. La posa in opera dell’immobile risale infatti al XII secolo, per volere di un re Davide desideroso di regalare sia alla propria casata sia alla propria amata madre un posto che ad entrambe avrebbe potuto dar lustro. Esternamente rispetto alla cappella è stato posizionato, quasi con intento rimembrante, il Mons Meg, un cannone il cui peso è pari a circa 6 tonnellate. Frazione della città verso il quale il suo apice è puntato è quello situato a settentrione. Da qui, alcuno sforzo comporterà la visione del Giardino Botanico Reale, che in linea d’aria dista poco più di 3 chilometri. Punto nei confronti del quale cosa buona e giusta sarebbe infondere dosi adulte di interesse è lo Scottish National War Memorial, polo museale allestito subito dopo il termine del primo conflitto mondiale, culminato nel 1918. Aperto al pubblico tra la fine degli anni venti ed il principio degli anni Trenta, il museo nasce nell’ardente desiderio di dar omaggio a chi, tra gli scozzesi, è valorosamente caduto. Odiernamente utilizzata in occasioni baciate dal crisma della solenne importanza, la Great Hall venne ultimata nel 1511, previo decreto dell’allora sovrano Giacomo IV. Destinazione d’uso regina è inizialmente rintracciabile nello svolgimento delle sedute del Parlamento scozzese antecedenti rispetto alla costituzione del Parliament Hall, nella prima metà del Seicento. Spicchi di pesca che decorano torta fresca come venticello che in estate segue il temporale sono senza ombra di dubbio alcuna i King’s Lodging, residenze nelle quali la famiglia reale nel Cinquecento dimorava. Tra le pareti di quella che affettuosamente è stata soprannominata la “stanza di Maria” venne dato alla luce colui la cui corona ne avrebbe cinto il capo, Giacomo I. Nonostante impresa impossibile sia elencare nella loro totalità elementi che grande hanno fatto il castello, in questa sede ci sentiamo di nominare, col fine ovviamente reverente di chiudere in bellezza la lista, sotterranei che di fascino ulteriore ne colmano l’aura. Nel corso di secoli che come fulmini si son succeduti, gli ambienti posti sotto il livello del terreno hanno compiuto le più diverse funzioni, da quelle di magazzini fino ad arrivare a prigioni che nell’incatenare detenuti soggetti a condanna tante sofferenze hanno loro malgrado scrutato. Esposti alla pubblica ammirazione sono oggetti ad essi appartenuti, lascito di chi nel dimenticatoio proprio non vuol cadere.
Dopo immersione a tal punto profonda nei meandri d’una destinazione che per complessità e prestigio dal vostro itinerario non potrete depennare, momento propizio è quello di lasciarsi trasportare dalla leggera arietta che con leggiadria aleggia su verdeggiante perimetro il quale col nome Meadows si fa da grandi e piccini riconoscere. Si è in presenza di un parco al quale, se vorrete far visita, altro non dovrete fare che dirigervi in direzione sud. Praticelli ben curati vengono rispettosamente attorniati da vialetti i cui alberi s’ergono ad egual distanza l’uno dall’altro. Se comitiva alla quale prendete parte è composta anche da bambini, al timore potrete far pervenire biglietto d’addio. Giochi d’ogni sorta ne trapuntano infatti la quasi interezza. Ulteriori attività esplicabili vanno dal golf fino ad arrivare al cricket, disciplina che in Gran Bretagna è qualcosa che per somiglianza potrebbe esser collegata alla religione. Fino al secondo decennio del Novecento, lembo di terreno che attualmente ospitalità gentilmente gli concede altro non era che pascolo nel quale piccoli o grandi allevatori lasciavano sia abbeverare che sfamare i propri animali. Area piuttosto estesa venne agli albori della propria storia abitata anche da un lago le cui acque, oltre a riflettere fedelmente un cielo che in questa parte della Terra spesso e volentieri appare pregno di minacciose nuvole, fino al Settecento erano fonte dalla quale liquido vitale veniva attinto per dar modo alla popolazione locale di soddisfare istinto umano e quindi primario. Nella fattispecie in cui d’uno spuntino vorrete cibarvi, risposta a tale richiesta istantaneamente troverete. Qua e là disseminati ci sono infatti bar e negozietti dove poter consumare piccolo pasto o fresca bevanda in tutta tranquillità. Tante sono, come se quel che è appena stato detto non fosse ancora sufficiente, le piste ciclabili dove, a bordo d’una bicicletta o di uno skatebord, sbizzarrirvi senza agli altri arrecare eccessivo disturbo. Quando il sole illumina fili d’erba che con esso entrando in contatto divengono quasi dorati, la location è segmento ideale nel quale poter organizzare un picnic all’insegna della cordialità e della giovialità. L’apertura del parco s’estende lungo tutto l’arco della settimana, h24.
Nel punto esatto dove il Royal Mile dagli astanti gentilmente si congeda, il Palazzo di Holyroodhouse è portavoce d’un bello che nei suoi lineamenti non rimane solo concetto astratto. Funzione che agli inizi venne chiamato a svolgere fu quella di monastero, sorte che in seguito venne tuttavia nettamente variata. Nel Cinquecento, infatti, ad esso vennero fatte indossare le pregiate vesti di residenza ufficiale dei reali di Scozia. Inquilina che in ultima battuta qui trascorse travagliata esistenza fu Maria Stuarda. Vicenda che dello scabroso tanto possiede direttamente riguarda quest’ultima. Internamente al palazzo, infatti, ebbe luogo un’uccisione che tuttora ai curiosi tanto interessa. Lord Darnley, secondo marito di Maria Stuarda, diede mandato ad alcuni nobili praticanti culto protestante dapprima di penetrare nella struttura e poi di privare il piemontese Davide Rizzio, allora segretario della donna, d’una vita che di malcelato adulterio fu probabilmente macchiata. Ai giorni nostri, ricercatezza d’un posto che del raffinato a meno non intende fare viene annualmente premiata dalla permanenza, lunga non più di qualche settimana e cadente in prossimità del principio d’estate, della sovrana in carica. Fabbricato che andando indietro nel tempo facilmente avreste veduto è l’Abbazia agostiniana, fatta congegnare da Davide I nel 1128. Convertita in cappella e dante lustro all’Ordine del Cardo, essa venne purtroppo rasa al suolo per via della dirompenza di alcuni moti popolari. Le stanze sono sfondi che con mano delicata stringono cimeli appartenuti al lasso temporale in cui la regina venne suo malgrado rinchiusa. Nell’anno 1650, in occasione dell’arrivo in zona di Oliver Cromwell, lo stabile venne chissà quanto fortuitamente dato in pasto a fiamme che la solennità ne dissacrarono. Fattezze che attualmente presenta sono frutto di attenta ricostruzione, avvenuta tra il 1671 ed i 1678. Quando la casata reale è in sede, non potreste procedere a visita approfondita.
Balzando agilmente e senza esitazione da un antico che imperterrito resiste ad un moderno vittima di pareri talvolta contrastanti, il Palazzo del parlamento scozzese è meta che da tante guide omessa verrà, ma che caldamente vi consigliamo di contemplare sia per peculiarità caratteristiche sia per intrinseca simbolicità. La posa della prima pietra avvenne nell’ormai tutt’altro che prossimo 1999, con i componenti della camera locale che in loco hanno pronunciato il loro primo discorso ben cinque anni più tardi. L’apertura, che della presenza di Elisabetta II di spunti iconici s’ornò, è stata gradino apicale di un progetto elaborato dall’architetto di origine catalana Enric Miralles, la cui morte prematuramente sopraggiunta gli impedì di assistervi. Sia i tratti somatici che esteriormente alla pupilla non sfuggono sia l’edificazione sono stati argomento cardine di acceso dibattuto tuttora in essere. Scendendo maggiormente nel particolare, aggeggio della discordia andrebbe specificatamente rintracciato, oltre che nella zona nella quale esso staziona, anche in costi infinitamente più elevati rispetto a quelli prefissati in origine. I 40 milioni di sterline che al palazzo venero preliminarmente destinati assunsero via via le sembianze di una cifra, ammontante ad oltre 400 milioni di sterline, che non poche polemiche ha giustamente alimentato. A dispetto di un’estetica che non a tutti può garbare, al Palazzo del parlamento scozzese è stato attribuito, nel 2005, lo Stirling Prize, premio annualmente destinato a stabili che architettonicamente meritano elogio. I materiali dei quali più largo utilizzo è stato fatto sono stati l’acciaio, il granito ed il legno ricavato dalla quercia.
Legge che seppur non scritta andrebbe ugualmente rispettata impone di aggiungere un museo se ad una guida meritevole di rispetto maggiore attendibilità vogliamo dare. Attuando principio dal quale giusto ci sembra non scappare, addizioneremo ad un giro che finora speriamo abbia riscosso il vostro gradimento un museo dal quale, siamo più che sicuri, uscirete davvero soddisfatti. Sostenendo agevole moto ascensionale, ciò che percorrete altro non sarà che angusta scalinata la quale, nell’accompagnarvi verso il Museo degli Scrittori, vi darà modo d’innamorarvi di quel che prima era signorile residenza seicentesca. Il polo tende ad orientare la propria lente di ingrandimento verso chi, per maestria nel tratto e sapienza nell’esposizione, grande ha fatto la letteratura Made in Scotland. Tre stanze suffragano, dinanzi ad essi prostrandosi, Robert Burns, Walter Scott e Robert Louis Stevenson. Dal 1622, anno nel quale messa in piedi finalmente godette di atto conclusivo, fino al 1907, la proprietà del palazzo nel quale il museo respira aria salubre andrebbe fatta ricondurre a privati. Successivamente a simile intervallo, esso venne però consegnato tra le dita affusolate ma laboriose di autorità locali che da sempre per l’indipendenza si battono. Piano che inferiormente presenzia è quello omaggiante Stevenson. Se, quando v’intrufolerete, udirete versi da quest’ultimo redatti, tutto quel che dovrete fare è porgere i vostri ringraziamenti ad un impianto di amplificazione appositamente installato. Gioiello che riempie la collezione di un’entità a fatica quantificabile è l’edizione che le altre ha preceduto de “Il giardino dei versi”. Salendo ancora, ciò che vi resterà da vedere s’impernia totalmente su coppia che manca per formare simile magnifico trittico. Nei ricordi che perpetuamente con voi porterete, ci sarà verosimile riproduzione di una sala da pranzo in stile vittoriano nella quale Scott usava mettere nero su bianco quel che in testa gli balenava.
Da sei secoli, il pinnacolo della cattedrale di Sant’Egidio veglia su una città che sottovalutandosi sorprende. Data alla luce nell’anno 1120, passaggi iniziali d’un percorso che allora prese inizio le destinarono consegna al credo cattolico collegabile. Poco meno di 400 anni più tardi, però, la scissione tra chiesa romana e chiesa anglicana le cedette destinazione d’uso quantomeno difforme. Beneficiaria dello stato di cattedrale divenne infatti nel momento in cui l’anglicanesimo d’essa fece perimetro nel quale spargere dogmi dai fedeli assimilati. Il santo facente parte dell’appellativo fregiante si crede protegga sia coloro che per strada mendicano sia chi, a causa della disabilità, trascorre vita da tante traversie trapuntata. Ala che per particolarità si contraddistingue è la cappella ossequiante l’Ordine del Cardo. Le mura che interiormente in altezza si sviluppano sono non soltanto decorate da incavi lignei dalla quercia ricavati, ma anche da opere di pietra e da icone raffiguranti figure angeliche. Lapidi commemoranti rappresentano fattore aggiuntivo che il flusso penetrante della vostra vista non s’asterrà dal sedurre. Gran parte di esse è suffragio nei confronti di chi, nato e cresciuto in Scozia, in guerra è con onore caduto. Nel bel mezzo della vostra capatina nella cattedrale, fattispecie nulla affatto remota farà di voi lodanti spettatori di esibizioni dal vivo nelle quali artisti da ogni dove con abilità suoneranno l’organo.
Indifferentemente dal fatto che siate o meno incalliti bevitori, sosta allo Scotch Whisky Experience è capitolo da tratteggiare a penna non prima d’averne acquisito ogni possibile sentore. Il museo, oltre a far di voi uditori di una storia, quella dello scotch, che da 3 secoli infonde coraggio ed induce gaiezza, fascerà ogni millimetro del vostro essere d’una prospettiva che altrove perfino immaginare sarà assai inverosimile. Se accingervi a contare le bottiglie esposte voleste, numero che alla fine di tal conteggio otterreste sarebbe pari a 4.000. Al pubblico aperto tra la fine degli anni Ottanta ed il principio degli anni Novanta, la materializzazione dello Scotch Whisky Experience è stata ardentemente desiderata da aziende locali le quali, producendo da tempi immemori simile liquore ambrato, investirono allora somma considerevole, ammontante a ben 2 milioni di sterline. Scatti testimonianti, profumazioni che v’inebrieranno e suoni che si sottile velo v’avvolgeranno sono elementi che riduttivamente riassumono qualcosa che in prima persona dovreste provare. Guida che fisicamente non si mostrerà ma la cui voce ascolterete con interesse vi fornirà nozioni inerenti sia la storia dello scotch sia le fasi di lavorazione d’un prodotto che della Scozia è emblema che confondere non si può. Se prender parte al tour intitolato “Silver” vorrete, quota che dovrete sborsare sarà a pari a 14,50 sterline. La durata del giretto è di circa un’ora, con gran finale che non potrà non essere rappresentato da degustazione che siam certi gradirete.
Dall’arte calorosamente abbracciare vi farete nella National Gallery of Scotland, galleria d’arte che in Gran Bretagna e non solo rivali non teme. La corsa frettolosa d’un tempo che scorre lasciando tracce del suo passaggio ha lentamente ma senza soste reso sempre più articolata una collezione che, oggi, si fa ammirare a cadenza annuale da poco più di 1.000.000 di visitatori da tutto il mondo giungenti. Tre sono gli episodi che la grandezza ne han definito. Il primo risale alla fine degli anni Quaranta, quando il polo divenne beneficiante d’un prestito permanente concesso dai duchi di Sutherland. Un ventennio più tardi, creazioni paradisiache danno comprensivo assaggio a chi dell’impressionismo francese ancora poco conosce. A partire dagli anni Novanta, infine, tele firmate da artisti nostrani affagottati da patina aurea hanno guarnito una racconta che mai induce assopimento. Tra gli artisti che menzionare potremmo ci sono: Vermeer, Monet, Gauguin, Van Gogh, Veronese, Tintoretto, Rembrandt, Steen, Rubens, Carracci, Chardin e Velazquez.
I pub da frequentare
Stesso discorso che nella guida su Londra improntata facemmo anche qui varrebbe. Costituirebbe, difatti, imperdonabile tralasciamento congedarci dalla vostra sempre gentile attenzione senza accostare la città regina scozzese a pub che, in un modo o nell’altro, la storia più o meno recente ne hanno fatto. Non elencheremo i migliori, ma ci limiteremo esclusivamente a mettere in risalto quelli che per noi varrebbe la pena frequentare:
- The Last Drop. Fino all’Ottocento, area cittadina nella quale il locale staziona era ribalta i cui riflettori illuminavano a giorno esecuzione che la parola fine anteponevano alla vita dei condannati. Qui, coloro i quali la peggiore delle pene possibili avevano il dovere di scontare potevano di consumare il loro ultimo calice. Varcando la soglia d’ingresso del The Last Drop, gli ambienti interni non sono poi tanto diversi da come originariamente potevano apparire. Il pub è quanto di più lontano esiste dal mero concetto di luminosità. Particolari che non tarderete a stanare sono rappresentati sia da travi in legno sia da archetti globalmente rivestiti da squadrati mattoncini. Per quel che attiene le bevande, whisky e birra sono regine che contrastare non si può. Per quello che al contrario interessa le pietanze presenti in carta, sostanziosi hot dog e succulenti hamburger sono selezionabili a costi realmente contenuti;
- Greyfriars Bobby’s Bar. Storia alquanto affascinante ricopre luogo nel quale trascorrere serata in compagnia di chi squisitamente vorrete. Pare infatti che il fondatore del pub provvedeva ogni sera a dar da mangiare ad un cagnolino che, dopo aver perso il padrone, giorno e notte vegliava in prossimità della lapide di quest’ultimo, situata nel contiguo cimitero di Greyfriars;
- The Peartree House. Fetta di clientela che più assiduamente giunge qui è data dagli studenti iscritti al locale ateneo. Palazzo nel quale egli è stato incastonato appartenne in principio ad un’influente casata. Nei decenni a seguire, tuttavia, residenza altolocata venne convertita in distilleria dove la birra era risultato di lavoro certosino. Ciò per il quale varrebbe la pena di venire può essere snidato nella presenza di mura che, essendo anche piuttosto elevate, proteggono i commensali da un clima scozzese che non è propriamente clemente. Se questo non basta a controbattere alle vostre legittime aspettative, la vasta e variegata serie di birre locali sarà gergale colpo di grazia.
Quartieri caratteristici
Se qualcuno di voi si stesse chiedendo quali tra i quartieri di Edimburgo sugli altri svettano per ammiccante bellezza, tal breve schiera potrebbe seppur parzialmente placar simile languore:
- Dean Village. Giungere in siffatta zona della città è impresa la quale, oltre ad essere anche piuttosto semplice, come d’incanto catapulterà verso epoche che ormai indietro nel tempo andrebbero con fatica ricercate. Sfumature che predominano sono quelle che al verde tendono. Se somiglianze volessimo azzardare, l’impressione è quella di trovarsi in uno dei villaggi teorizzati da Tolkien nel suo celebre romanzo “Il Signore degli Anelli”. Fasi preliminari di simile insediamento esigono date in toto immissibili nel Seicento. L’intero comparto economico dell’area si sviluppava intorno ad un mulino il cui moto conservava forza e vitalità grazie all’acqua. Piuttosto lungo fu il nastro temporale nel quale il quartiere venne lasciato in balia di una colpevole incuria. Nel secolo scorso, tuttavia, il processo subì andamento contrario, dato che tante furono le case sottoposte ad attenta ristrutturazione;
- Morningside. Imbattersi alla ricerca di un ottimo ristorante è, qui, incombenza che sforzo alcuno non comporta. Motivazione con precisione non si conosce, ma sembra che si sia in presenza di uno dei quartieri caratterizzati dall’età media più elevata. Nel caso in cui intenzione sia quella di concludere anche degli ottimi affari, molteplici sono i cosiddetti charity shop, negozi dell’usato nei quali i prezzi sono bassi e la merce commerciata si distingue talvolta per qualità eccelsa;
- Stockbridge. Eleganza e contemporaneità sono in loco ingredienti d’un piatto che piace soprattutto a chi della propria esistenza sta per attraversare la fase della gioventù. Contabili sulle dita di più mani sono non soltanto i charity shop ai quali prima si faceva cenno, ma anche caffetterie dove durante la pausa pranzo tanti lavoratori in erba si riversano. Se per i libri nutrite passione viscerale, decine di librerie esporranno al proprio interno volumi anche introvabili.
Dritte finali
I consigli, in ultimo:
- Diversamente da altre guide, in occasione corrente partiremo dalle pietanze tipiche. Primo manicaretto che se qui farete scalo assaggiare dovrete è quello che riconoscerete col nome di Porridge, una zuppa d’avena che viene servita soprattutto a colazione. I chicchi vengono fatti lessare in latte ed acqua, con la mistura che viene energicamente girata per evitare che si attacchi al tegame. Se qualcuno di voi pensasse che si tratta di pietanza che anche in Inghilterra si mangia, avrebbe ragione. In Scozia, però, viene coltivata un’avena qualitativamente migliore. Specialità ulteriore si chiama Mince and Tatties. Nel darne descrizione, potremmo dire che altro non è che carne macinata servita in compagnia di un pugno di purè di patate. La carne macinata viene fatta insaporire tramite l’aggiunta di spezie varie, carote e cipolla;
- A proposito del periodo migliore nel quale venire ad Edimburgo, il lasso di tempo che da maggio arriva a settembre sarebbe ottima soluzione. Caldamente sconsigliato è il mese di gennaio, il più freddo per definizione. I prezzi degli alberghi, è appropriato dirlo, non sono poi così accessibili. Prenotando con debito anticipo, tuttavia, potreste essere in grado di strappare degli ottimi prezzi. In linea di massima, per una stanza in hotel a tre stelle la tariffa per notte è compresa tra gli 85 ed i 130 euro. Per alloggio in hotel a quattro stelle, però, l’asticella ulteriormente s’alza, visto che i prezzi possono arrivare a toccare anche i 150 euro. Le zone migliori dove poter alloggiare sono quelle della Royal Mile e Princess Street;
- L’autobus è senza ombra di dubbio alcuna il mezzo di trasporto più fruito da residenti e non. Le corse sono attive h24. Salendo sull’autobus Airlink 100, con poco più di 5 euro potrete raggiungere la città dallo scalo aeroportuale. Ticket d’andata e ritorno è ovviamente più conveniente, visto che costa circa 8,50 euro. Strumento del quale avvalervi è l’Edinburgh Pass. Si tratta di una tessera che, oltre a darvi modo di utilizzare l’autobus da e per l’aeroporto, vi permetterà di fare ingresso gratuitamente in una trentina di siti, tra cui il Giardino Botanico. Se il soggiorno si spalma su tre giorni, il prezzo della tessera ammonta a 56,93 euro. Tra le compagnie aeree che per Edimburgo volano ci sono easyJet, KLM ed Eurowings;
- No, non abbiamo dimenticato la Old Town. Essa, in base a quel che il suo nome lascia intuire, è quasi per intero rivestita da edifici risalenti ad epoca medievale. La Royal Mile, l’arteria principale che tagliandola l’attraversa, s’estende per circa un miglio ed è in grado di mettere tra loro in collegamento il castello e l’Holyrood Palace. Se nel settecento i residenti in loco censiti erano circa 80.000, ad oggi i reduci ammontano a non più di 4.000. Qui, infine, permane l’University of Edinburgh, ateneo fondato alla fine del Cinquecento e che conta oltre 30.000 studenti.